Tutto scompare in una foto sbiadita.
Colori caldi, espressioni fredde. Quella patina violacea di realtà che resta attaccata su un negativo, per far si che possiamo riguardarla prima o poi.
Ma non è di foto che volevo parlare. Volevo parlare di quel quadro, che è sempre lì, di questa meccanicità che ci accompagna ogni giorno. E mangio, adesso, e bevo adesso. Ma per dove?
Le domande strane, faccio fatica anche io a capirle. No, neanche io le capisco e non capisco come appiccicarvi in testa quello che è nella mia.
Ispira tristezza quel quadro. Non è triste. Ma è lì. Lì da tempo e vi resterà, forse andra via con me, forse no. Forse sarà un particolare, dimenticato per sempre, rimasto lì per abitudine, testimone che il tempo è passato e tu chissà se ci sei ancora.
E morirò pure io. E lo so. E allora quel quadro cosa vuole? Perchè devo pensarci e non posso distarmi? Ma allora devo pensare oggi che quel quadro è lì o lo lascio come un piccolo paricolare che voi perderete ed io perderò e sarà testimone ma nessuno lo saprà?
Corriamo troppo.
Una vita, un secondo. Non trovo la differenza.
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